venerdì 29 giugno 2007

INLAND EMPIRE (di David Lynch)


Presentato al festival del cinema di Venezia e uscito pochi mesi fa anche nelle sale italiane con sole 25 misere copie INLAND EMPIRE è l'ultimo film del poliedrico David Lynch. Con questa premessa ho colto l'occasione di vederlo dapprima al festival di Venezia (in occasione della consegna del leone alla carriera) in lingua originale e poi anche all'uscite nelle (poche) sale italiane. Che dire? Opera criptica che si lascia seguire con fatica, un'opera, più che un film, a tutti gli effetti surrealista. Un continuo susseguirsi di immagini e di esperienze visive che lasciano turbato non solo lo spettatore medio ma anche quello più preparato, Lynch forse non ci spiazza come con "Una storia vera", avendoci abituato ad un certo tipo di cinema e di linguaggio, ma senz'altro ci offre una nuova esperienza evitandoci quella strana sensazione di deja-vù. L'Inland Empire è una squallida zona limitrofa alla hollywood di "Mulholland Drive" molto più disturbata e inquitante, ma il titolo è qualcosa di più che una località, infatti si fa riferimento a quel "impero interno" celato nel nostro subconscio, composto da istinti e pulsioni di varia natura che seguono un'evoluzione irrazionale, o meglio, a cui non possiamo trovare una logica di fondo. Il film quindi non si spiega, non vuole essere spiegato e non si può spiegare. Nel suo complesso non risulta essere quel capolavoro da molti decantato, Lynch crea un'opera fin troppo autocitazionista e un esemble amplificato di altri suoi lavori (rabbids, darkned room...) ma non manca di passaggi aprezzabili e rimane comunque un opera interessante. Il cast se la cava, visto il film non semplice sotto il piano interpretativo anche a causa della mancanza di vera sceneggiatura, e supera egregiamente la prova Laura Dern alla quale Lynch ha sobbarcato il "peso" di questo film (172 min.), l'unica mezza delusione ci viene data da un opaco ed irritante Jeremy Irons. Come cita l'headline del film ("una donna in pericolo") la donna in pericolo, interpretata nelle sue molteplici visioni da Laura Dern, deve affrontare i pericoli di questo "impero della mente" che però, come molti potrebbero pensare, non è il suo ma, forse, è quello di Lynch stesso a mio avviso. Le lacune del film non sono poche, dialoghi prolissi e dispersivi; l'utilizzo del digitale non viene giustificato a causa di una regia deludente che in molti punti risulta dilettantistica. Insomma quello che penalizza il film è di carattere tecnico non tanto di contenuto. Menzione particolare per le musiche, in particolare la performance di Nina Simone. In conclusione un film che risulta irrimediabilmente pesante, dovuto essenzialmente alla durata e ai dialoghi e quindi non per tutti, Lynch comunque ci regala un film estremo e corragioso, realizzando probabilmente il suo "Otto e mezzo"; però non mi sento esente dall'affermare che questo film rappresenta una mezza delusione e un grosso passo indietro rispetto al già citato "Mulholland Drive".

VOTO: 6,5

4 commenti:

Scalda ha detto...

caspiterina, ma l'hai scritto tutto te ho hai fatto copia- incolla?
dai , di la verità.....
voto 7/1-2

Anonimo ha detto...

no! è tutta farina del mio sacco! ma te il film l'hai visto?

Scalda ha detto...

sarò franco : NO

Anonimo ha detto...

pensavo fossi scalda!

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